L’Italia può’ fare a meno del nucleare francese?
Lo scorso novembre l’Autorità per la sicurezza transalpina (ASN) ha deciso il fermo o la prossima fermata di 12 reattori francesi, su 54 operativi nel Paese, al fine di eseguire controlli sugli impianti, per un complesso di 12 GW. Un Paese come la Francia che dipende quasi al 78% dal nucleare, sta affrontando una situazione definita dal presidente dell’ASN Pierre-Franck Chevet, preoccupante.
La scelta, in particolare, è conseguenza di un rilevamento anomalo nel contenitore dell’impianto di Flamanville (Bassa Normandia) alla fine del 2014. Come spiegato dall’ASN in una nota del 23 novembre, le verifiche interessano le attrezzature a pressione del reattore come i generatori di vapore e le principali tubazioni dell’impianto primario, oltre agli imballaggi di trasporto per le sostanze radioattive.
La situazione francese preoccupa anche i mercati confinanti collegati, a partire dall’Italia. Ad esempio, secondo il Presidente dell’Autorità per l’Energia, Guido Bortoni, le bollette del 1° trimestre 2017 per i clienti tutelati avranno degli effetti. Il nostro Paese è però anche importatore di una quota di energia elettrica dalla Francia che, con il calo di generazione nucleare, lascerà aperto un mercato della domanda pari a 15 TWh già a partire dal 2017, secondo rilevazioni REF-E.
Affinché le interconnessioni dei Paesi confinanti siano in grado di supportare reciprocamente gli Stati europei in caso di scarsità di produzione elettrica, è necessario considerare oltre al livello di adeguatezza dei sistemi nazionali, anche le capacità di interconnessione cross-border. In questa ottica, il REF-E ha valutato la recente indisponibilità di una parte del parco nucleare francese, per riflettere sul livello di adeguatezza del sistema italiano e dei principali sistemi elettrici europei.
In una visione globale, le analisi condotte da REF-E per il 2017, mediante l’utilizzo del modello di simulazione ELFO++ EUROPE, mostrano livelli di adeguatezza nei paesi dell’Europa continentale intatti, anche in caso di prolungata indisponibilità dei 12 reattori francesi attualmente fermi. Per l’Italia, la riduzione dell’import netto alla frontiera occidentale, potrebbe comportare da un lato un lieve incremento dei prezzi dell’energia. Nel caso infatti di continuità rispetto allo scenario di riferimento, non si riveleranno per il 2017 condizioni di potenziale energia non fornita, in nessuno dei sistemi considerati. Solo in Italia, la probabilità di avere energia non fornita al picco estivo è del 2%, con un valore medio del possibile distacco di carico di circa 500 MW. Nel caso in cui si dovesse rinunciare nel 2017 ai 12 GW di impianti nucleari francesi, la presenza di un carico residuale strutturalmente più alto e con variazioni meno ripide da un’ora all’altra, ridurrebbe infatti l’insufficiente flessibilità di modulazione del parco.
Nessuna criticità emerge in termini di sicurezza degli approvvigionamenti gas, anche alla punta invernale. Solamente i mercati nordeuropei potrebbero necessitare di un approvvigionamento addizionale, richiedendo necessariamente un incremento di gas russo e/o LNG.
Secondo il REF-E si deve affrontare un problema di natura strutturale: risulta infatti necessaria un’armonizzazione a livello europeo dei metodi di stima per valorizzare le interdipendenze fra i singoli sistemi. Se ciascun Paese valuta la Generation Adequacy ignorando il supporto che potrebbe ricevere dagli altri Paesi, si correrebbe il rischio di sottostimare infatti l’effettivo livello di adeguatezza.
Fonte: elaborazione dati REF-E.