Il Consorzio CEF ha promosso la realizzazione dell’Assemblea annaule dei soci di Confindutria Firenze 2016 diventando partner tecnico.
Si riportano i comunicati stampa dell’evento.
Firenze cresce 1007 € al secondo. A qualcuno potrà sembrare una buona velocità; e lo è se comparata sul piano nazionale. Confindustria ritiene che Firenze non sia dove potrebbe essere; e soprattutto dove meriterebbe di essere. La nostra velocità può e deve cambiare, anche per i nostri giovani, visto che la disoccupazione per i fiorentini under30 è al 22%.
E’ con un grande contatore alle spalle che il presidente di Confindustria Firenze Massimo Messeri, ha aperto l’assemblea 2016 degli industriali fiorentini, tenuta oggi a Firenze al Teatro della Pergola e dedicata alla “Cultura della Crescita”.
Poche analisi sui numeri, ma molta concretezza: ogni giorno leggiamo dati che confermano l’incertezza del quadro economico – sottolinea Messeri. Chi interpreta lo scenario con pessimismo e chi con più ottimismo. Invece di concentrarci su questo sterile dibattito, molto meglio concentrarci sulle LEVE della crescita, leve che sono in nostro possesso e restano valide qualunque sia il contesto intorno a noi.
Se le nostre infrastrutture fossero ai livelli in cui dovrebbero essere porterebbero un +1% strutturale di PIL. Alta velocità ferroviaria, nuova pista Aeroporto, Terza corsia dell’A11, Polo fieristico-congressuale e Tramvia significano +1% strutturale di PIL, oltre 270 milioni l’anno e 5300 nuovi posti di lavoro.
La competitività è il motore della crescita e il territorio fiorentino è un territorio ricco di eccellenze tipiche del Made in Italy. Siamo la sesta economia italiana. Abbiamo registrato una crescita dell’export dal 2008-2015 tripla rispetto alla media nazionale (37% contro 12% italiano). Il peso dell’industria sull’economia fiorentina è il 20,9%. Nel confronto nazionale possiamo essere contenti. Ci sono però anche aree di debolezza, a partire da una frammentazione industriale molto elevata che è un freno per competere sui mercati internazionali.
La debolezza della dimensione deve essere superata sul piano strutturale: servono reti, filiere; serve “fare sistema”. Salvo casi specifici, la dimensione delle nostre aziende è un freno per la crescita, solo unendo le eccellenze e creando sinergie si arriva a risultati che sono maggiori della somma delle parti.
E non è mancato il riferimento anche alla dimensione ottimale per la competitività del territorio: dobbiamo pensare in grande e superare le angustie di uno schema ancora fermo ai gonfaloni comunali e provinciali, mentre nel mondo si ragiona per macro-aree e macro-regioni. Vale per chi vorrebbe mantenere i campanili, anche in Confindustria.