Decreto di recepimento Direttive ETS

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo di recepimento di due disposizioni finalizzate al contenimento delle emissioni di CO2.

Contesto

Il Consiglio dei ministri del 10 giugno u.s. ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo relativo al recepimento di due disposizioni finalizzate al contenimento delle emissioni. Si tratta nello specifico di:

  • direttiva (UE) 2023/958, recante modifica della direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda il contributo del trasporto aereo all’obiettivo di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia dell’Unione e recante adeguata attuazione di una misura mondiale basata sul mercato;
  • direttiva (UE) 2023/959, recante modifiche della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione oltre che per il settore del trasporto marittimo, anche per i settori dell’edilizia, del trasporto stradale e ulteriori settori (industrie energetiche, industrie manifatturiere e costruzioni) e alla decisione (UE) 2015/1814, relativa all’istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell’Unione per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra.

Confindustria ha inviato una memoria al Parlamento con il proprio Documento di posizionamento, evidenziando i punti che possono generare delle criticità per il mondo industriale.

Novità

Le nuove Direttive prevedono un innalzamento del target di riduzione (portandolo al -62% al 2030 rispetto al 2005) e l’allargamento a nuovi settori.

Viene, infatti, prevista la partecipazione anche del trasporto marittimo, attraverso l’assegnazione di quote e gli obblighi di restituzione per la totalità delle emissioni delle navi che effettuano tratte tra porti di Stati membri, e per le metà nel caso di tratte da un porto di Stato membro ad uno esterno. Viene allo stesso tempo creata una nuova sezione del meccanismo, chiamata ETS 2, per il trasporto stradale e gli edifici. Per evitare eccessivi squilibri in questi comparti, è stato definito un target di riduzione delle emissioni inferiore rispetto all’ETS 1 (-43% al 2030) e calmierato il prezzo delle quote di emissione almeno per la prima fase di applicazione.

In linea generale, considerato il ritardo con il quale si è avviata la procedura di recepimento delle suddette Direttive (la scadenza europea per il recepimento di alcuni elementi era fissata entro la fine dello scorso anno), appaiono critiche le scadenze indicate nel decreto ai fini della predisposizione dei piani di monitoraggio, della comunicazione delle emissioni e della relativa restituzione, rispetto alle quali si ritiene opportuno disporre una proroga come sta avvenendo in altri Stati membri.

Nel recepimento della Direttiva in Italia riteniamo importante, inoltre, garantire la corretta applicazione della previsione sulla gestione dei proventi delle aste ETS, che secondo la norma EU devono essere impiegati per compensare i costi indiretti dell’ETS e promuovere azioni ai fini della decarbonizzazione. Fino ad oggi, infatti, il 50% dei proventi delle aste ETS (3,2 Mld€ nel 2022) è destinato al bilancio dello stato e solo 150 Mln€ (300 Mln€ dal 2025) sono destinati al Fondo che finanzia la compensazione dei costi indiretti dell’ETS.

Sempre con riferimento alle misure che prevengono il rischio di carbon leakage, la posizione di Confindustria evidenzia come sia centrale gestire correttamente la progressiva riduzione delle quote gratuite ETS, in particolare per i prodotti che sono stati inclusi nel CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), ossia ghisa, ferro, acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. Questo strumento dovrebbe essere potenziato per evitare criticità legate all’asimmetria competitiva con i Paesi extra-UE dove il carbonio non viene prezzato (es. diversi stati USA) o ha un costo inferiore (es. Cina). Ad oggi non sono ad esempio previste forme di compensazione per le merci esportate al di fuori dell’Unione Europea e non sono applicate imposte sui prodotti finiti che incorporano i materiali inclusi, penalizzando l’industria di trasformazione europea. Tutti questi fattori potrebbero tradursi in prezzi più alti al consumo e minare la competitività internazionale dei nostri prodotti.

ShareShare on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn

Catia Tarquini